BOSCHIVO – BARDO DELL’AUTODISTRUZIONE (2019, Aural Tempel e altri)


Bardo dell’autodistruzione, album di Boschivo, è un disco particolare. Più che un lavoro discografico, sembra a tutti gli effetti la preparazione di un rituale sciamanico: un singolo musicista folk che si rintana nel bosco, al centro di tutta una serie di rumori, umori e presenze notturne, armato dei pochi strumenti a disposizione per far sì che tutto proceda nell’ordine giusto, che tutto arrivi al giusto finale.

Dai feedback, dagli effetti, dalla voce monocorde dell’iniziale Pozzoscuro si scivola nell’oscurità profonda de La danza perversa delle falene, un folk scurissimo, che nasconde la propria voce dietro un muro di disparati noise-ismi, di organi psicopatici, di sussurri deliranti.
Il rituale delle mosche si muove tra un Daniele Brusaschetto del passato e un Aquefrigide smetalizzat*: un tappeto di rumori che vanno e vengono su cui si adagiano confessioni sussurrate. Rumori e voci, chitarre e linee vocali, mancanze e profumi ((Es)senza di te) che insieme si fondono e si confondono.
Distorta luna sterile riporterà alla mente certa darkwave (ascoltando le prime note ho avuto sul serio l’impressione che fossero partiti i Joy Division in modo totalmente random) mischiata però all’alternative italiano degli anni ’90: più di qualcosa – infatti – sembra omaggiare Giovanni Lindo Ferretti, soprattutto per alcune scelte della voce (ma anche per la chitarra di Quando la morte verrà). Tranne quando, in alcuni tratti il cantato sembrerà essere uno strumento a tutti gli effetti, come accade in Venere d’avorio. Lì, il risultato è migliore.

L’intero album sembra una sorta di cammino, una pura ammissione, una presa di coscienza del fatto e del vissuto. Una sorta di purificazione per poter completare un rituale magico, personale, intimo. Bardo dell’autodistruzione, traccia finale, di 17 minuti, ha tutta la serietà e la solennità di una rinascita.

Non è un disco semplice, ci sono diverse cose da sistemare, e in tanti storceranno il naso (è capitato anche a me, lo ammetto), è da apprezzare – però – il concetto che si cela dietro l’album e la grafica, a firma Enfaisema.

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https://totenschwan.bandcamp.com/

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