Habitué della playlist di #allisfullofVuoto, 3ONVEGA è un trio strumentale proveniente da Pavia/Milano che mischia sonorità post, math e prog con atmosfere che richiamano al mondo della fantascienza e sfumature che conquisteranno facilmente i gamers più appassionati.
Li ospitiamo per conoscerli meglio, per parlare del passato e del futuro, e regalare ai lettori una gustosa anticipazione dell’EP di prossima uscita per Luminol Records, che trovate a fondo pagina.
Ciao a voi, di solito apro le interviste con una domanda ricorrente. Nel vostro caso, poi, la curiosità è ancora maggiore: come mai avete scelto questo nome? C’è qualche significato particolare?
Il nome 3ONVEGA nasce come storpiatura di “Brionvega”, storico marchio di elettronica italiano dall’estetica vintage, ma funziona su più livelli: siamo un trio, evoca lo spazio… diciamo che mette assieme un po’ di cose che ci rappresentano e ci ispirano. E poi, ovviamente, ci piace come suona.
La vostra proposta musicale mischia prog e ripetizioni math, loops affascinanti, atmosfere che ammiccano allo sci-fi e richiami che addirittura riportano alle orecchie colonne sonore di vecchi videogiochi: com’è nata l’idea di adottare queste sonorità?
Quando abbiamo iniziato a suonare assieme c’era ben poco di premeditato in questo senso.
Siamo partiti da idee più atmosferiche e vicine al post-rock, anche se sempre con qualche passaggio un po’ più tirato.
Pian piano abbiamo iniziato ad arzigogolare un po’ quel che facevamo, lasciandoci guidare soprattutto da quello che sentivamo suonando insieme.
Il vero punto di svolta per il nostro sound è stato l’introduzione della loop station per la chitarra: ci ha aperto moltissime possibilità e, assieme all’utilizzo di altri effetti, ci ha dato modo di iniziare a costruire un sound più denso, con una base spesso metallica e ripetitiva, quasi robotica.
Questo ci ha forzati a cercare uno spazio e un gusto più particolare anche per le melodie e gli incastri ritmici e armonici.
Probabilmente è stato quello il momento in cui la nostra musica ha iniziato a suggerirci un immaginario, dal quale poi è stato piuttosto facile e stimolante attingere.
Facile perchè abbiamo tutti e 3 gusti affini in materia di film, libri, fumetti (e la fantascienza è molto ben rappresentata) e divertente perchè ci dà spesso modo di immaginarci cose simili mentre suoniamo e componiamo – cose che a loro volta influenzano le composizioni stesse.
Da lì in poi è stato tutto un po’ più mirato: le scelte in termini di strumentazione, l’esperienza in studio con orecchie esterne.. ciascuno di questi passaggi nel tempo è diventato un tassello che ha completato una direzione sonora che ora sentiamo consolidata nella sua idea generale (anche se certamente non immutabile).
Quali gruppi hanno contribuito maggiormente a formare il vostro bagaglio musicale?
Da questo punto di vista siamo fortunati: abbiamo gusti affini, ma ciascuno ha un proprio bagaglio di ascolti personale che spazia abbastanza.
Quando abbiamo definito meglio il nostro sound, nomi come Battles, Aiming For Enrike, The Samuel Jackson Five, The Physics House Band sono diventati punti di riferimento, specialmente per il modo in cui le idee musicali, il sound, le strutture compositive vengono coniugati in modo incisivo, il tutto senza sacrificare quasi mai la parte melodica.
La band che probabilmente ci unisce più di tutti sono però i Jaga Jazzist che, per quanto distanti dal nostro sound, sono una band che amiamo ed ammiriamo molto.
…e a quali gruppi del nostro paese siete più legati?
Siamo tutti e 3 abbastanza esterofili: non sono poi moltissimi gli artisti e le band italiane che ci piacciono davvero, in ogni caso ciascuno di noi ha i suoi preferiti e molti sono abbastanza distanti da quel che facciamo noi.
Dovendo citare qualche nome sparso diremmo Massimo Volume, Zu, Moltheni, Calibro 35, Goblin, Kaos One.
Fra le band emergenti o più o meno emerse citiamo Gotho, Mooth, Lamoureaux, Le Sacerdotesse dell’Isola del Piacere, oltre che progetti nei quali siamo coinvolti direttamente o che sono a noi vicini (Kandma, Taras Bul’ba).
Quale esperienza live portate di più nel cuore? Per quale motivo?
Purtroppo per vari motivi non abbiamo fatto moltissimi live sino ad adesso (speriamo che questo possa cambiare un po’ nei prossimi mesi!) ma il release party di “Kolorbloks” a Novembre 2022 merita una menzione speciale.
Innanzitutto era il nostro primo live, e già questo lo rendeva piuttosto emozionante. In particolare poi si è trattato di una serata completamente autogestita, a partire dalla location: data la carenza di spazi – soprattutto all’epoca – in quel di Pavia, abbiamo deciso di affittare un capannone in periferia e fare il concerto lì dentro.
Ha richiesto un discreto sbattimento e più di una mano di aiuto, ma è stato divertente capire come rendere la location presentabile e allestire strumentazione, luci.. creare insomma un contesto “punk” ma non troppo.
C’erano tanti amici, musicisti e non, c’è chi giura che l’acustica fosse all’altezza, che la location avesse un che di caratteristico, e per noi come band è stato un momento bello ed importante.
Ci sono due titoli in particolare che hanno colpito la mia attenzione ascoltando il vostro Kolorbloks del 2022: una è Dagen H e l’altra Gorni Kramer. Come mai avete deciso di omaggiare il compositore (Gorni Kramer) in un brano ed il cambio di senso di marcia avvenuto in Svezia nel 1967 (Dagen H)?
Uno degli aspetti interessanti del fare musica strumentale è che, non avendo parole, tutto ciò che circonda la musica (titoli dei brani, grafiche) assume un peso nel definire l’immaginario di una band.
Questi elementi sono senz’altro molto importanti anche per chi le parole le usa, ma in un certo senso è come se per una band come la nostra tutto questo incidesse ancora di più, e si ha anche molta libertà in tal senso.
In molti casi c’è un processo che ci porta a fare associazioni mentali a partire dalle suggestioni dettate dalla musica: è il caso di “Dagen H”, che è un pezzo a suo modo “trafficato” e con una coda “fredda”. Chiaro il nesso, no?
A volte invece, il processo è opposto: andiamo in fissa con nomi o concetti e proviamo ad appiccicarli ai pezzi su cui stiamo lavorando: “Gorni Kramer” più che un omaggio al compositore è un omaggio al suo nome d’arte. Ci piace come suona, è nonsense il giusto, ci sembrava un buon match con il pezzo.
Parliamo ora della Luminol Sessions che vi riguarda: tralasciando gli inutili e scontati complimenti da un sostenitore convintissimo delle live sessions, mi interessa sapere prima di tutto come è nata l’idea di un live in studio?
Grazie per i complimenti, tutt’altro che scontati. Innanzitutto il format dei live in studio nello stile di KEXP, In The Basement, Tiny Desk (oltre che le molte iniziative di singole band) a noi piace molto. C’è un po’ del calore dell’esecuzione live, ma anche un’attenzione ed un controllo sui suoni che è quasi impossibile da ottenere altrove. Inoltre, sin dalla prima volta in cui abbiamo parlato di persona con Giacomo di Luminol Records, proprio nel luogo dove il live è stato registrato – BlueScore Studio a Milano – abbiamo scoperto che l’idea di organizzare qualcosa del genere con artisti del roster Luminol lo solleticava. Beh, noi lo abbiamo preso in parola e ci siamo offerti volontari. Dopo l’uscita di “Kolorbloks” abbiamo iniziato a capire meglio come organizzarlo e abbiamo avuto la fortuna di incontrare Francesca Salamone, che si è occupata della parte video.
A distanza di alcuni mesi e dopo diversi rinvii, siamo finalmente riusciti ad individuare il giorno X.
C’era anche la volontà di usare la session un po’ come “ponte” fra il nostro primo disco ed il nostro prossimo EP (spoiler!), anche se poi a causa dei prevedibili – ma pur sempre inevitabili – tempi tecnici, l’uscita della session è slittata di diversi mesi.
Ultimo ma non ultimo, siamo convinti che questo prodotto mostri di cosa siamo capaci di fare dal vivo!
Come avete deciso la scaletta da proporre nella session?
La session conta solo 3 brani ma a dire la verità ne avevamo preparati 5: tre tratti da “Kolorbloks” e due inediti. Di questi 5, “Kardio-Kombat” lo abbiamo scartato in loco per questioni di tempo: avendo a disposizione solo un pomeriggio per le riprese abbiamo preferito registrare più take degli altri pezzi, concentrandoci sulla qualità piuttosto che la quantità. Il quarto pezzo invece lo abbiamo registrato ma abbiamo deciso di scartarlo: si tratta di “Vostok Mega Drive” (che si può trovare anche nella nostra playlist, ndr), il singolo tratto dal nostro nuovo EP. Da quel momento (il live è stato registrato a fine aprile 2023) il pezzo ha subito un po’ di rimaneggiamenti e non avrebbe avuto senso anticiparlo in una veste poco fedele a quella definitiva. “Hokkaido” e “Gorni Kramer” sono tra i pezzi che ci diverte di più suonare dal vivo, e per questo anche fra i più efficaci. Lo stesso vale per “Arne Saknussem” che all’epoca era il più compiuto tra i pezzi nuovi (e infatti ha subito ben poche variazioni rispetto alla versione registrata nella session) e ci sembrava una buona presentazione del nostro nuovo materiale.
E soprattutto: oltre a due brani già conosciuti, apre la session una inedita Arne Saknussem, anticipazione di un lavoro di prossima uscita?
Per l’appunto! Il nostro nuovo EP a cui abbiamo accennato poco sopra si intitolerà APAX, ed uscirà il 31 maggio, sempre in collaborazione con Luminol Records.
Inizialmente avevamo l’intenzione di lavorare ad un full length, ma ad un certo punto ci siamo trovati con del materiale un po’ diverso rispetto al nostro primo disco, e forse persino un po’ diverso da quel che stavamo cercando, ma che comunque ci piaceva.
Anziché aspettare di avere in mano più pezzi (visti anche i nostri tempi di scrittura non proprio rapidissimi) e temendo che andando avanti avremmo potuto “divergere” ancor di più in senso compositivo, abbiamo deciso di entrare in studio e fissare quello che avevamo, cercando di mantenerlo il più coerente possibile con lo spirito con cui lo avevamo scritto.
Avete un aneddoto curioso da un vostro concerto passato?
La persona che ci ha affittato il capannone per la release party di “Kolorbloks” lavora con le giostre e le luminarie di natale, e utilizza il capannone come magazzino. Buona parte del materiale che abbiamo usato per attutire acusticamente e come “scenografia”, è roba che abbiamo trovato lì: in particolare, una specie di finto prato per i tappeti elastici l’ha fatta da padrone. Super rock n’roll.
Passiamo ora a presentare in anteprima il video di “Vostok Mega Drive“, prima piccola anticipazione del vostro nuovo EP di cui abbiamo appena parlato. Avete tutto lo spazio del mondo per parlare del video e del brano, a voi la parola:
“Vostok Mega Drive” è il singolo che anticipa il nostro nuovo EP. Lo spazio, inteso come cosmo, è un po’ il filo conduttore di tutto l’EP, a livello di immaginario e a suo modo anche di suono.
Parliamo di un’idea di spazio assolutamente non realistica ma fantascientifica e retro-futuristica. “Vostok” è il nome del programma spaziale sovietico negli anni ’60 e “Vostok-1” il nome del veicolo che ha portato Yuri Gagarin ad essere il primo essere umano ad orbitare attorno alla terra. “Vostok Mega Drive” potrebbe essere (e chissà, forse lo è, lo è stata o lo sarà davvero) il nome di una tecnologia segreta per spingere i cosmonauti oltre la velocità della luce. A livello musicale, ci piace pensare che sia una sorta di evoluzione di “Fembots”, il primo singolo e il pezzo più diretto del nostro primo disco, col quale condivide in parte struttura e attitudine, ma che enfatizza la componente prog e dove tutto avviene ad una velocità nettamente maggiore. È decisamente un pezzo pensato per essere ascoltato a tutto volume, mentre sfrecci sulla tua astronave! In termini di suono, un po’ per tutto l’EP abbiamo cercato di ottenere un suono più naturale e per certi versi vintage in fase di registrazione, cosa che ci sembra si sposasse bene con la nostra idea estetica e concettuale di spazio.
“Vostok Mega Drive” ha anche un videoclip che Maddalena Gattoni (la vfx artist e amica che si era già occupata del videoclip di “Fembots”) ha realizzato per noi.
Ci interessava l’idea di provare a fare qualcosa con l’AI, a partire dalle nostre suggestioni di spazio e astronavi: il processo è stato ibrido, con l’AI che ha generato i frame statici e Maddy che li ha rimontati e all’occorrenza animati.
In totale è stato divertente seguire questo processo abbastanza da vicino, soprattutto nelle fasi iniziali, e pensiamo che il risultato sia piuttosto fedele all’immaginario che volevamo trasmettere. Anche le copertine (del singolo e dell’EP) sono state realizzate con modalità simili, con l’AI guidata e integrata dall’irrinunciabile mano umana (quella di Giuseppe Capozzo) in questo caso.