Tartaro – Ritmo! Ritmo! (2024)
Due metalmeccanici (o meglio: noisemeccanici) amanti delle scorribande strumentali. Fuori da ogni logica di genere, qui l’importante è suonare e farlo a volumi enormi. In quattro piccoli episodi sfondacranio (cinque, se aggiungete il remix incluso nella versione cassetta per No Hope) si riconosce tutta la violenza dei Lightning Bolt (Elvis Pesley) o – se preferite giocare in casa – la cattiveria storta dei Testadeporcu o degli Zeus! (Tubo Loop).
Roba seria, ora però voglio di più.
Iatagano – You didn’t ask for it, but now it’s here (2024)
Anche se – volendo credere al titolo – nessuno ha richiesto questo album, ora è qui. E per fortuna.
Lasciarsi pettinare l’anima dalle sei tracce di questo EP è un vero piacere: sospesi tra i Melvins (Supervaxxxer), i Dead Kennedys e alcuni progetti di Andrew Falkous (più i Future Of The Left che i Mclusky: The Great Goat Escape) con la voce che parte Jello Biafra e finisce Serj Tankian (Metal is 4 beautiful people, Homophobophile) il quarto d’ora proposto dal trio è DAVVERO un bel quarto d’ora.
Elastic Riot – Bordernoia (2023)
Uno dei progetti più disturbati e disturbanti che mi sia capitato sott’orecchio di recente: i tre personaggi dietro questo gruppo – attivo da un po’ di anni – muovono i passi su macerie sludge, prog, hardcore e doom.
Il cowbell è come un martello intento a colpirti la testa ripetutamente, tra stortaggini da incubo (Yvonne l’insonne), urla disumane, momenti creepy (Solo colpi), sogni disturbati (Uariu) e porno-cartoni-animati (Collodio: versione più estrema – se possibile – di Dolan Aproevd degli Splatterpink), mentre il resto dello strumentale cerca – riuscendoci più volte – di tramortirti definitivamente.
Niente, non c’è nulla di normale in questo disco, ed è proprio questa la cosa affascinante.