Velocità, creatività, schizofrenia.
Niente compromessi ma solo la voglia di scuotere l’ascoltatore in maniera rapida ed efficace. Il primo lavoro a nome MELEE, duo basso e batteria diviso tra Torino e Pavia, è così: poche chiacchiere, nessun dettaglio superfluo ed insignificante (nemmeno lo sforzo di dare un titolo all’album, dategli il nome che volete), ma trentuno minuti di asfalto sonoro prontissimo a ricoprire chiunque porga orecchio.
Già dall’iniziale 250 si procede tra spigoli math, impazzimenti elettropsicopatici, accelerate punk e ripetizioni sfondacranio. Un primo episodio che lascia poco all’immaginazione. Spiaggia continua a divincolarsi tra dune appuntite e castelli di sabbia distrutti a colpi di rumore nudo e crudo. Più passano i secondi e più si sentono echi degli Zeus! meno “cervellotici” (impossibile nasconderlo: in Italia hanno fatto scuola) e Bangladeafy meno sbraitanti, ma anche – in alcune cose – dei Maledetta Dopamina.
Citare anche i Lightning Bolt come influenza sarebbe fin troppo scontato ma, ecco, sappiate che se seguite il genere, questo disco potrebbe piacervi non poco: Oneidalzone parte, si ferma e riparte in continuazione, lasciandovi sfiniti, col fiatone, cercando di reggere il passo. Stessa cosa che accadrà nel punk disturbato di Pizza, dove tra inciampate e psicopatìe rumoristiche si correrà veloci, così forte che finirà per girarvi la testa – nel minuto scarso di 96 l’impressione è quella. Approfittatene per riprendere fiato, che di lì a poco il duo riprenderà a percuotervi, armato di Martello (o di Spada) con sonorità, deliri, graffi veloci, disturbati e dannatamente immediati.
Continueranno a colpirvi con le ripetizioni di Mestolo fino a quando la testa non vi si disintegrerà completamente e diventerete un tutt’uno col rumore che continua a prendere piede, senza pietà, anche nella finale Pianura.
Sarà una tortura rumorosa e martellante, ipnotica e disturbante, ma estremamente piacevole. Una volta finito il disco, vi ritroverete a voler premere ancora una volta il tasto play.