Direttamente da Biella, I Norse sono un trio screamo a cui la definizione “screamo” sta piuttosto stretta. Stretta come se il trio fosse rinchiuso in fondo ad un pozzo, umido. Umido e buio, soprattutto. Un pozzo scuro all’interno e sopra al quale c’è altro buio, fatta eccezione per la luna “appesa al nero del cielo”.
Immaginate – quindi – il gruppo, stretto in fondo al pozzo e con gli strumenti alla mano, e cominciate a far suonare l’EP.
Le urla che si alzano al cielo, fin dai primi secondi di Collezione, sembrano essere, allo stesso tempo, preghiere, richieste di aiuto e – soprattutto, imprecazioni. Bestemmie distorte in cui lo screamo si mischia al post-rock, con una vena apertamente hardcore: tre elementi che danno vita ad un sound claustrofobico e scuro. Ogni parola – invece – è come un colpo sferrato a tutta forza in pieno petto; ogni schitarrata, un graffio che rimarrà a vita sulla pelle. Aral e la successiva Baratto sono piene di sofferenza e disillusione. Come dicevo prima, lo screamo si mischia al post, qui più che negli altri brani.
Debacle, inizia benissimo, come uno sviluppo iperattivo e distruttivo della traccia precedente: rabbia su rabbia su rabbia. Voce incazzosa su strumentale spigoloso e graffi sulla schiena. Ascoltare questo brano è come stare nel bel mezzo di una tempesta dove, al posto della pioggia, il vento spinge una raffica di coltelli affilatissimi. E quando la pioggia di lame si sarà calmata, ci sarà solo spazio per la finale Manca, di sicuro il brano più post dell’EP. L’incedere è lento e meno istintivo, ma comunque di grande effetto.
Un EP relativamente lungo, considerando gli standard del genere ma che non fa pesare affatto la cosa, anzi, scorre piacevolmente e si fa anche riascoltare.