Quanto è bello scoprire che non tutte le one-man-band si rifugiano, fin troppo facilmente, nel cantautorato. C’è pure chi scivola nelle ossessioni, chi invece di cedere all’intimità della cameretta, prende sotto braccio le proprie deviazioni e le mette in musica. C’è chi, invece di imbracciare una chitarra, si arma di basso e comincia a martellare, tra mille rumori, distorsioni, e le già citate deviazioni.
Uno che di sicuro è lontanissimo dal cantautorato ma che, anzi, segue la linea nettamente opposta è NUER, che con GAAR, uscito a Settembre in collaborazione tra Ek4t3 Collective e Spettro Records (che ve lo offre anche in free download, ma il packaging del CD merita parecchio), ricerca il suo segnale muovendo i primi passi, con la traccia numero zero: NUIT, pochi secondi di analisi prima di CATTLETANK, vero inizio del disco. Qui rumorosissimi beat pesanti, disturbati e sognanti allo stesso tempo, si mettono in piedi, tentando di restarci il più a lungo possibile: una volta con dettagli glitch, altre con momenti dreamy, altri ancora con iperdistorte scariche rumorose. Tutti elementi che andranno a delineare il sound della successiva BONGOSAUR!, dove tribalismi massicci e bassi ballabili vi lasceranno senza fiato, a muovervi nel bel mezzo di una fabbrica in piena attività, sotto l’effetto dei più potenti allucinogeni.
E restate sempre pronti ed attenti, perché di lì a poco verrà deciso di lasciarvi solo trentasei secondi di respiro (la durata di III) prima di travolgervi ancora una volta con OGOP: qui le distorsioni affioreranno direttamente dal centro della terra e avvolgeranno tutto ciò che in quel momento sta accadendo, che siano danze tribali o violentissimi rave. Tre minuti che, alla loro fine, vi lasceranno con la testa tra le mani, dolorante, in preda ad emicranie lancinanti. Con HYPNOS come colonna sonora perfetta di questo stato d’animo. In questi momenti, le sonorità di NUER andrebbero molto d’accordo con i Mata, già passati di qui.
NOI si sposta su isterismi arabeggianti, scale da percorrere velocissimamente senza pensare affatto alla paura di inciampare e cadere. Un episodio che – con la dovuta elasticità mentale – può riportare alla mente “The A La Menthe” di Nikkfurie, ma che può anche arrivare ai Secret Chiefs III. Riff schizoidi che andranno a perdersi in Siamo tante e nel suo naturale sviluppo: Piccole fabbriche. Qui, microscopici dettagli industrial si intrecciano a formare piccole industrie rumorose e martellanti. Produttori di armi da destinare alla battaglia del GLITCHBEATCOMMANDO, per dargli modo di spararvi addosso, a tutto volume, una miscela piacevolmente assordante di punk e techno, drum’n’bass, glitch, campionamenti estremi e feedback shockanti. Tutto utile a sminuzzarvi le ossa e ballarci sopra.
Ed è solo così, dopo aver martellato tutto il possibile per mezz’ora buona, che l’album si avvia verso la FIN(e): tra psichedelia, ambient, drone e atmosfere dreamy.
Un lavoro tanto interessante quanto particolare: da affrontare con lo stato d’animo giusto e senza nessun tipo di pregiudizio (altrimenti non arriverete nemmeno dopo la prima traccia, sappiatelo).